Grazie alla guarigione clinica dell’ultimo paziente positivo, l’ospedale di Rivoli ieri ha potuto chiudere l’unico reparto Covid che era ancora rimasto in funzione, all’8° piano dell’edificio.
Dunque da oggi e dopo oltre 4 mesi nessuna struttura dell’Asl To3 ospita più pazienti positivi al Coronavirus fra i propri ricoverati: la chiusura e la riconversione dei reparti Covid a Rivoli segue infatti quelle avvenute nelle settimane e nei mesi scorsi negli ospedali di Pinerolo e di Susa e nei presidi adibiti temporaneamente per ospitare pazienti in fase non acuta, Avigliana, Giaveno, Torre Pellice e Pomaretto.
“Oggi tagliamo un traguardo dal grande valore simbolico, oltre che dall’importanza pratica – commenta il Direttore Generale dell’Asl To3 Flavio Boraso – È infatti allo stesso tempo la conclusione di una fase durissima e il coronamento dello straordinario lavoro compiuto dai medici, dagli infermieri, dagli operatori sanitari dell’Asl To3. Desidero ringraziare loro, il personale tecnico e amministrativo, quello dei servizi di supporto, e tutte le persone che a vario titolo hanno lavorato per l’azienda sanitaria, contribuendo in maniera determinante a fronteggiare questa emergenza”.
Nel momento più complicato, tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, nelle strutture dell’Asl To3 erano circa 300 i pazienti positivi ricoverati, 170 dei quali solo all’ospedale di Rivoli, che nel picco epidemico aveva convertito ben 5 reparti, oltre alla Rianimazione, per la cura dei malati Covid-19.
Un periodo che la dottoressa Paola Molino, direttrice del Pronto soccorso di Rivoli e responsabile del Dipartimento di Emergenza dell’Asl To3, ha voluto ricordare in una lettera di ringraziamento dedicata a tutte le persone che sono state al suo fianco. È stata, racconta, “un’esperienza travolgente, feroce, istruttiva”, in cui, come il coordinatore infermieristico Gianni Mancuso, è rimasta ininterrottamente dentro l’ospedale per un mese e mezzo, giorno e notte. “Un grazie di cuore – scrive – a infermieri, operatori, medici, amministrativi, ingegneri, tecnici, operai, farmacisti, psicologi, perfetti sconosciuti che tutti i giorni ci portavano brioche, pizza, una busta di insalata, baristi che ci lasciavano la scorta di cibo prima di chiudere il bar. Tutti a modo loro hanno contribuito a trattare nel modo migliore i malati e rendere un po’ più lieve un periodo così difficile”.